In una situazione in cui siamo artificialmente in grado di comunicare a distanza, lavorare su scrivanie e ambienti virtuali, disegnare su lavagne condivise a fusi orari differenti, osservarci da fuori attraverso un altro occhio, arrivare fisicamente in un luogo prima dell’ora di partenza, è così impossibile concepire la coesistenza di uno stato indeterminato del segno? Stato privativo-stato creativo: uno stato indeterminato e non un stato di indecisione rispetto allo stato da assumere.
È possibile conoscere, magari intuitivamente, questo stato indeterminato? Di ciò che qui si continua a chiamare, solo per comodità , “segno”, è possibile cogliere un movimento – osservando il creatore nel suo atto istantaneo di morte-creazione – che è il più radicale, fondante dei processi di liberazione?
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